Requiem in due movimenti: Introito e Parlamento
scena, luci e regia di CESARE RONCONI
Introito
di e con Enrico Malatesta
in collaborazione con Attila Faravelli
proiezioni Cesare Ronconi
Parlamento
scritto e interpretato da Mariangela Gualtieri
musiche di Silvia Colasanti
eseguite dal vivo da Stefano Aiolli
cura e ufficio stampa Lorella Barlaam
collaborazione luci Stefano Cortesi
service audio Andrea Zanella
produzione TEATRO VALDOCA
con il contributo di Regione Emilia-Romagna e del Comune di Cesena
con il sostegno di ERT
durata 1 ora
guarda l'intervista a Cesare Ronconi e Mariangela Gualtieri
Un dittico composto da un introito e da un parlamento, ambientati tra platea e palcoscenico del Bonci.
Entrambe le parti si sporgono su una di quelle notti in cui i vivi dialogano con le ombre: nella prima in un ascolto sbigottito che ammutolisce, nella seconda, indocili rispetto all’idea di una resa al buio, rispetto al lugubre della morte e all’icona di una divinità giudicante, autoritaria e punitiva.
Si è in una di quelle notti in cui non si prega per i morti ma si pregano i morti, perché virino dentro la luce e ci dicano che forse sarà pienezza e non disfacimento, forse ebbrezza e non lutto, comprensione dilatata e non spegnimento.
L’Introito ha un carattere performativo, ed è passaggio che tacita e dispone poi ad un più attento ascolto. Pone il pubblico in una immersione acustica densa di voci arcaiche e di ombre, voci di infanti e di antenati, cioè di chi è ad un passo dall’altrove da cui veniamo, dall’altrove verso cui andiamo, tracce di corpi umani e animali non più terrestri, non più qui.
Il Parlamento è scritto e agito da Mariangela Gualtieri - un violoncellista dal vivo la accompagna - e si sviluppa su musiche di Silvia Colasanti, in contrappunto al Requiem della tradizione. Sono versi rivolti a piccole e grandi ombre, versi che scalciano e stringono il motto che dà titolo a questa serata: “non se ne vadano docili in quella buona notte”. Nati per le vittime del più recente terremoto, hanno anche la pietà, l’ardore e la dolcezza di cui il rito di musica e poesia sono capaci.
dal testo di Mariangela Gualtieri
Siate bellissimi, morti nostri. Diventate voi
tutta la meraviglia di quando alziamo la faccia
nell’aperta notte e quasi non reggiamo
quell’impero enigmatico di stelle,
tutta l’eleganza armonica del cielo.
Siate voi.
Non prego per voi. Io prego voi.
Andate, dove sarà svelata
la profezia dei fiori,
di tutti i fiori. Nella pace siate
di certe domestiche sere,
nella gioia d’infanzia, nell’abbraccio fra umani, siate,
o quando piove d’estate dopo la calura, dentro
un vapore di fornelli, dove si fa il pane, siate,
dove si beve latte. Nel semplice stare
che non vediamo, se non a volte,
dopo un dolore grande.
E il riposo vostro sia la melodia rotante
di tutti i mondi.
teatrovaldoca.org